Disputa giudiziaria tra Leoncavallo e Catulle Mendès
Noi a Brissago abbiamo una interessante lettera del 4 settembre 1902 scritta a Leoncavallo dal sindaco di Montalto Uffugo marchese Ignazio Alimena
Montalto Uffugo 4 settembre 1902
Egregio Maestro,
Rispondo con ritardo all’ultima sua del 19 luglio avendo atteso l’occasione di completare col signor Ferrari Rocco la spedizione dei bozzetti e tutto l’occorrente da lei richiesto che sono certo troverà di pieno gradimento. Ed ora di tutto cuore gli auguro un completo successo e sempre nuovi trionfi nell’arte, sperando che presto il suo desiderio, che è anche il nostro, possa tradursi in atto rivedendolo fra noi. Non mi dilungo avendo incaricato il signor Ferrari che, a dire il vero si è prestato con ogni cura per la buona riuscita a compilarle una particolareggiata relazione. Se le occorre altro scriva liberamente perché qui ci facciamo un pregio a poterle essere utile in qualche cosa. La saluto infine cordialmente insieme a tutti gli amici di qui e con stima mi creda.
Devotissimo sempre il Sindaco fto. Ignazio Alimena
Cioè Alimena vuole rassicurare Leoncavallo che l’impegno preso da Rocco Ferrari di fargli avere al più presto fotografie di Montalto, in particolare fotografie del sagrato della Madonna della Serra, schizzi e disegni dei costumi e dei vestiti dei contadini di Calabria, sarà rispettato.
Ma come mai questa grande apprensione da parte di Leoncavallo per essere sicuro di ricevere questa documentazione?
La lettera come detto è del settembre 1902 e Leoncavallo sta preparando l’allestimento della prima dei Pagliacci a Parigi. In quegli anni era impegnato in un processo a lui intentatogli dallo scrittore Catulle Mendès che lo accusava di plagio della sua pièce La Femme de Tabarin con musica di Chabrier.
Una accusa che Mendès aveva già denunciata nel 1894 scrivendo a Sonzogno che gli venisse accordata una quota degli incassi dei Pagliacci.
A queste pretese Leoncavallo si affrettava a scrivere a Sonzogno la sua versione. La lettera è del 3 settembre 1894, spedita da Lugano Svizzera (50 km da Brissago).
Caro signor Sonzogno, (scrive Leoncavallo)
ho letto entrambe le lettere del signor Catulle Mendès. Il signor Mendès va un pochino oltre quando a priori dichiara che Pagliacci sarebbe una imitazione della sua Femme de Tabarin.  Io non conoscevo questo lavoro e anche adesso lo conosco dalle notizie dei giornali. Lei si ricorderà che a me a suo tempo, alla prima rappresentazione di Pagliacci a Milano nel 1892 diversi critici avevano rimproverato che avrei tratto la mia opera dal Dramma nuovo del noto scrittore spagnolo Estebanez. Cosa direbbe il signor Mendès se gli si rimproverasse di aver preso a prestito la sua Femme de Tabarin dal dramma nuovo che risale agli anni 1830 1840 ? In fatti nell’ultima e più significativa scena del lavoro di Estebanez il marito, un commediante, uccide l’amante di sua moglie proprio davanti agli occhi di lei, mentre sembra che reciti il suo ruolo. La assoluta verità è che io questo Dramma nuovo, in quel periodo lo conoscevo poco così come adesso conosco la femme de Tabarin. Io vidi l’opera menzionata per prima sei mesi dopo la prima di Pagliacci a Roma rappresentata da Rodelli. Durante la mia fanciullezza, allorché mio padre era giudice in Calabria (e precisamente in quella Montalto dove io ho lasciato che la mia opera venisse svolta). Questo avvenimento produsse una profonda impressione sul mio animo di giovinetto – a maggior ragione dal momento che mio padre giudicò lo sventurato – e più tardi, allorchè mi dedicai al teatro, mi venne l’idea di fare di questo episodio un’opera! Ho lasciato il quadro del dramma tal quale io l’ho veduto e tal quale lo si può vedere ancora, poiché la festa di mezz’agosto (festa della Madonna della Serra) si celebra ancora oggi a Montalto ed a quell’epoca dell’anno arriva, durante i dieci giorni che precedono la festa, tutta questa popolazione nomade delle fiere e stabilisce le baracche nel lungo viale che dalla chiesa conduce alla campagna. Non ho nemmeno inventato l’arrivo dei contadini del villaggio vicino durante il coro, poiché ho voluto dipingere con quella scena l’annuale arrivo alla festa degli abitanti di San Benedetto, nelle vicinanze di Montalto, alla festa di agosto. Ciò che qui io ho scritto l’ho ripetuto così spesso in Germania ed altrove, che molti teatri, e tra questi l’Opernhaus di Berlino, hanno aggiunto sul programma: “Luogo di un fatto realmente accaduto”. Dopo tutto ciò il signor Mendès rimane dell’opinione che ha dei diritti da riscuotere; ciò non vuol dire altro che egli non crede alla mia parola. Se io mi fossi impadronito dell’idea del signor Mendès, non avrei esitato, prima della rappresentazione, a mettermi in contatto con lui, come ho appena fatto con un altro importante scrittore francese, in riferimento ad un soggetto da questi trattato, che desidererei utilizzare volentieri.
Pagliacci è opera mia, interamente mia.
Se c`è una scena che ricordi il lavoro di Mendès, ciò prova soltanto che entrambi abbiamo avuto la stessa idea, che prima di noi già Estebanez aveva avuto. Sull’onore ed in coscienza assicuro che nella mia vita ho letto soltanto due libri di Catulle Mendès: “Zo Har” e “La première maîtresse”. Allorché io, qualche tempo fa, a Marienbad lessi le notizie della stampa sulla rappresentazione della Femme de Tabarin, le scrissi persino, caro signor Sonzogno, perché credevo che questo lavoro fosse una imitazione di Pagliacci. Questa assicurazione di un uomo onesto basterà a provare la mia lealtà. Quando ciò non bastasse non esiterò a porre le mie indiscutibili ragioni sotto la tutela della legge e a fornire tutte le prove di ciò che ho appena detto.
Montalto Uffugo è quindi stata l'ancora d’appiglio per affondare definitivamente in tribunale le pretese di Catulle Mendès per plagio della sua pièce teatrale La femme de Tabarin. Leoncavallo sostenne fermamente e ripetutamente che “Pagliacci” gli era stato ispirato da quel delitto di gelosia avvenuto a Montalto Uffugo nel 1865 e giudicato da suo padre Don Vincenzo Leoncavallo giudice regio in quel circondario.
Racconta ancora, in un'altra lettera, testualmente Ruggero Leoncavallo.
Il giorno della festa facevano bella mostra di sé dei carri di saltimbanco. Questi tenevano le loro rappresentazioni all'aperto alle ore 23. Lo spettacolo ci divertiva un mondo, me e mio fratello e lo stesso Gaetano (era un servitore di famiglia) che si era innamorato, e non senza fortuna, di una bella donnetta della truppa dei saltimbanchi. Ma il marito, il pagliaccio della compagnia, aveva concepito dei sospetti. Finché la sera di mezz'agosto, durante una delle solite rappresentazioni a base di Arlecchino e Colombina piombò sulla moglie con un coltellaccio e le tagliò quasi netto la gola. Si accostò a Gaetano con un riso gelido e Gaetano stramazz'o al suolo colpito dal medesimo coltello”.
Però, secondo gli atti del processo, le cose andarono del tutto diversamente da come le ha raccontate Leoncavallo.
Infatti i fratelli Luigi e Giovanni D'Alessandro, per motivi di gelosia per una giovane del paese, tesero un agguato a Gaetano e lo ammazzarono sulla scalinata della chiesa di San Domenico. Pertanto l’uccisa non è una teatrante, nemmeno venne uccisa sul palcoscenico e nemmeno fu un duplice omicidio come invece avviene nell'opera.
Ma ritorniamo a Catulle Mendes e alla causa giudiziaria da lui intentata contro Leoncavallo.
Bisogna qui far presente che quando nel 1887 Mendès mise in scena "La femme de Tabarin" (con musica di Chabrier) la critica lo accusò di plagio a danno di Paul Ferrier, che scrisse la pièce "Tabarin" nel 1874, messa in musica da Emanuel Pessard e presentato sotto forma di opera in due atti nel 1885.
Mendès si difese replicando che l'idea dell'omicidio durante uno spettacolo drammatico era stata usata da molti altri nel passato (per esempio nel "Drama Nuevo" di Estbanez) e che l'idea non poteva essere considerata come un'idea originale di Paul Ferrier.
Vi propongo, per completare la comprensione della istoria, un brevissimo sunto della Femme de Tabarin:
Francisquine, moglie di Tabarin, stira i propri vestiti nel carro degli artisti di un teatro ambulante. Passa un moschettiere che le fa la corte e ottiene da lei un appuntamento. Arriva Tabarin, più ubriaco del solito. Vedendosi tradito, furioso e geloso, si getta ai piedi di sua moglie supplicandola e minacciandola. Nel frattempo, all'esterno, la folla arriva per assistere al previsto spettacolo. Tabarin si issa sul palcoscenico e parla della sua gelosia al pubblico che crede in una messa in scena. Tabarin chiama Francisquine, la quale non risponde. Con un gesto egli apre la tenda che si trova alle sue spalle e scopre, insieme al pubblico, Francisquine nelle braccia del moschettiere. Tabarin agguanta una spada che affonda nel petto di sua moglie prima di tornare sul palco della scena. Il pubblico è impressionato dalla passione che permea quel che tutti credono essere uno spettacolo. Francisquine, insanguinata, si issa con difficoltà sul palco; sospira, non riesce a parlare. Tabarin, pazzo di disperazione le offre la spada supplicandola di ucciderlo. Francisquine prende la spada, si leva e sussurra la parola "canaille" prima di morire senza riuscire ad assestare il colpo di spada.
Visto e considerata la trama della Femme de Tabarin, non ci è possibile non pensare a
Pagliacci. È da notare che Tabarin è il nome di un personaggio storico che si chiamava Antoine Girard, ciarlatano e commediante che visse in Francia intorno al 1600. Dopo la morte del personaggio storico, Tabarin è diventato sinonimo di saltimbanco. Sta di fatto che, grazie alla documentazione del delitto avvenuto a Montalto Uffugo e che evidentemente, accusare Leoncavallo di plagio usando l'argomento che Mendès stesso contestò pochi anni prima a Paul Ferrier, non poteva sfociare in una vittoria giuridica, così Leoncavallo riuscì a togliersi d’intorno Catulle Mendès che abbandonò la causa contro di lui.
Per sottolineare l’importanza di questo verdetto sarà bene ricordare che la maggior parte delle entrate di Leoncavallo erano dovute ai Pagliacci da lui non solo musicata, ma anche scritta. Pochissimi erano i musicisti che erano anche loro stessi librettisti (ricorderò Wagner e Boito).
È grazie alla vittoria giudiziaria sul plagio dei Pagliacci che gli permise di costruirsi, nel 1903, la sontuosa villa a Brissago.
Giovanni Pantellini